Mi dispiace molto dover dare a questo romanzo così poche stelle, ma visti i "capitoli" precedenti della Trilogia e i temi trattati, non posso fare a meno che giudicarlo ampiamente inferiore agli altri titoli di Calvino che ho letto. Letto come "finale" o continuazione della Trilogia degli antenati, lo trovo davvero deludente. Se nei primi due libri il personaggio del titolo portava avanti una storia complessa e ricca di spunti introspettivi, in questo la figura del cavaliere (oltre a essere allegoria della sola e utopica "forza di volontà" che muove l'uomo) non riesce a sostenere la narrazione. L'ispirazione a Don Chisciotte è evidente soprattutto nella figura del cavaliere - perfetto, ideale, irreale - e in quella dello scudiero - suo opposto, che pure se c'è, non sa d'esserci - così come l'ispirazione presa dalle opere di Ariosto e Shakespeare. Quello che non mi è piaciuto maggiormente però è la mancanza di una storia vera e propria: la narratrice viene introdotta a metà libro e porta avanti la narrazione in disordine e di fretta. Non mi è inoltre la rappresentazione (se così si può chiamare) femminile nel romanzo, circondata di battute sessiste e vaghe e mal contestualizzate allusioni a violenze e amplessi che di fatto non fanno altro che sminuire queste figure tutte uguali tra loro.