A review by aphrodiseate
Shatter me. La trilogia by Tahereh Mafi

5.0

Canzone: Call me irresponsible - Bobby Darin.

"Non farmi domande di cui conosci già la risposta. Due volte mi sono messo a nudo con te e ho ottenuto solo una pallottola in corpo e un cuore spezzato. Non torturarmi è una cosa crudele, anche se la vittima sono io"

Ho scelto una canzone, la stessa, per tutti e tre. Per Aaron. Solo per lui. Questa trilogia niente è se non Aaron Warner Anderson. Call me irresponsible. Quella che fa: Call me irresponsible / Yes I'm unreliable / But it's undeniably true / That I'm irresponsibly mad for you.
Ditemi voi se è o non è Aaron questo.
E sì, avete capito bene, sono team Aaron ma non da Unravel me, no no sarebbe fin troppo facile; io sono team Warner dal momento zero. E adesso vi spiego pure perché.
Allora, partiamo dal presupposto di base che io ho un problema: datemi un villain e io lo amerò e lo proteggerò fino alla fine. Anche al costo di risultare ridicola e folle quanto lui, poco mi importa: io crederò in lui fino all'epilogo, piuttosto ne rimango delusa ma non lo abbandono.
Perché? Beh, è semplice: sentitevi pure liberi di darmi della pazza, ma il fatto è che io sono proprio convinta che, di chiunque sia la penna, da un villain raramente ne esce fuori realmente la persona che ti viene presentata a primo acchito. E infatti, anche in questo caso, c'ho visto bene sin dal principio.
In Aaron c'è una tale fragilità, ben celata nell'abisso della sua crudeltà, che ho trovato disarmante e affascinante al tempo stesso. Chiunque abbia letto questa saga si è dovuto ricredere su Warner al secondo volume, io c'ho sbattuto la testa immediatamente. Warner mi ha rapita dalla primissima frase pronunciata in Shatter me.
Adam, invece... Adam è quel personaggio che ogni autore ti crea a regola d'arte per fartene innamorare per il semplice fatto che esiste tra le righe, nero su bianco: il cavaliere dall'armatura lucente, anima nobile e pura, dotato delle sole migliori intenzioni. Adam è esattamente quel personaggio che mi spinge a voler acciuffare l'autrice e dirle a quattrocchi: ma che mi credi un'allocca? Adam l'ho odiato dalla primissima frase.
Per carità non fraintendetemi, trovo che a modo loro siano entrambi due personaggi tossici, ma Adam... Adam urla red flag ad ogni respiro, sussurro, sguardo.
In Shatter me avrebbe sacrificato se stesso pur di proteggere il buon cuore di Juliette, in Ignite me si rivela in grado di guardarla negli occhi e pronunciare delle parole disdicevoli solo per il gusto di ripagarla con la stessa moneta, ferirla così come ha fatto lei. Vuole punirla, e per cosa? Per aver imparato a conoscere se stessa? Per aver imparato ad accettare se stessa? Per aver trovato il suo posto nel caos che è il loro mondo? Per aver imparato ad ascoltare davvero, finalmente, il suo cuore? Per aver scelto di combattere? Per se stessa, per i suoi amici, per il mondo, per Aaron, persino per Adam stesso? Non voglio mentire, l'ho apprezzato il suo personaggio lo ammetto, ma l'ho anche profondamente detestato. Non credo abbia avuto un'evoluzione, bensì un'involuzione.
Piccolo tributo speciale a un personaggio secondario che non si può non amare: Kenji.
Kenji è esattamente il tipo di persona che tutti vorremmo nelle nostre vite. E chi dice il contrario o mente o è egli stesso Kenji. Ironico, arguto, sveglio, sorprendente, adorabile, Kenji è proprio il tipo di personaggio indispensabile per portare un pizzico di leggerezza in un mondo così tetro come il loro.
Juliette, che dire di lei: o la ami o la odi. E' un continuo dissidio interiore. Ho apprezzato la sua crescita. Ho sofferto con lei. Ho sentito, dopo un'infinità di tempo, di essere finalmente riuscita ad empatizzare con un personaggio - uno che di base non ti presentano come villan, per intenderci - e quel personaggio è proprio Juliette.
In molti hanno abbandonato questa saga manco il tempo di iniziarla perché "scritta coi piedi", "piena di errori", "troppe ripetizioni", "descrizioni ossessive", potrei andare avanti all'infinito ma il fatto è che bisogna sedersi e darle il tempo di evolversi. Questa storia è narrata in prima persona da un personaggio che per ben 264 giorni è stato rinchiuso in isolamento in una cella formato 4x4. E' un personaggio che deve ricominciare da zero, re-imparare la vita e soprattutto a parlare e pensare in maniera normale e spontanea.
Questa crescita si nota già nei primi capitoli del secondo volume, quindi bisogna solo avere voglia di fidarsi dell'autrice e darle modo di mostrarti che Juliette sta pian piano acquisendo consapevolezza di se stessa e del mondo.
Tre libri. Tre giorni. Un turbinio di emozioni che difficilmente mi scrollerò di dosso. Unica pecca: un finale troppo veloce e troppo poco elaborato. Non ho apprezzato nemmeno il fatto che non abbia approfondito le dinamiche familiari dei due acerrimi nemici per eccellenza; spero si rifaccia nei libri a seguire.
Per il resto, Tahereh Mafi, brava, mi hai sottratto il cuore e te ne sei impadronita.