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A review by frahorus
Il Castello by Franz Kafka
4.0
Un agrimensore arriva in un villaggio governato da un misterioso Conte e si scontra con la burocrazia e con il rigido ordine sociale lì presente.
Recensire questa ultima opera (purtroppo incompiuta) di Kafka non è facile, vista la complessità della vicenda e le mille interpretazioni che ne possiamo ricavare. Il protagonista, K. (non conosceremo mai il suo nome) fin da subito si ritrova addosso mille problemi intanto di accettazione (mettono pure in dubbio che lui sia lì per sbaglio) del suo lavoro, e viene sbalzato continuamente da un luogo a un altro, e la sua presenza è subito vista con sospetto e diffidenza da tutti. Più K. fa domande, più tenta di raggiungere almeno un delegato del Conte, più non ottiene nulla o quasi. E in tutta la vicenda respiriamo un'atmosfera cupa, disorientante, alienante, disturbante a tratti, fino all'assurdo. A me è sembrato come se il protagonista si trova in un labirinto e non ha nessuna speranza di uscirne fuori. Gli abitanti non lo aiutano per nulla, anzi, sono tutti impauriti dal Potere (del Conte, della burocrazia, delle regole, degli ordini, ognuno ci può vedere qualunque cosa) e invece di aiutarlo lo scoraggiano, gli consigliano anzi di andarsene, da solo fastidio la sola sua presenza, figurarsi la presunzione di incontrare il Conte o chi ne fa le veci. Anche quando incontra il sindaco del paese non riuscirà a cavare un ragno dal buco. Durante la lettura non fai altro che respirare un'aria di estraneità, di smarrimento, come se la vita alla fin fine non abbia alcun senso e più combatti per ottenere qualcosa più ti ritrovi punto e accapo. Emerge una forte incomunicabilità col mondo e i suoi personaggi, un'impotenza verso le istituzioni che ti chiudono le loro porte e non ti lasciano alcuna speranza per il futuro anche immediato.
Capisco che a molti questa lettura potrà sembrare ostica, noiosa, inconcludente, ripetitiva, addirittura illeggibile, ma credo sia proprio questa l'idea che l'autore voleva trasmettere, ovvero che è inutile lottare contro il Potere, alla fine vincerà sempre lui e tu rimani sono un inutile e arrugginito ingranaggio che gira da solo.
Recensire questa ultima opera (purtroppo incompiuta) di Kafka non è facile, vista la complessità della vicenda e le mille interpretazioni che ne possiamo ricavare. Il protagonista, K. (non conosceremo mai il suo nome) fin da subito si ritrova addosso mille problemi intanto di accettazione (mettono pure in dubbio che lui sia lì per sbaglio) del suo lavoro, e viene sbalzato continuamente da un luogo a un altro, e la sua presenza è subito vista con sospetto e diffidenza da tutti. Più K. fa domande, più tenta di raggiungere almeno un delegato del Conte, più non ottiene nulla o quasi. E in tutta la vicenda respiriamo un'atmosfera cupa, disorientante, alienante, disturbante a tratti, fino all'assurdo. A me è sembrato come se il protagonista si trova in un labirinto e non ha nessuna speranza di uscirne fuori. Gli abitanti non lo aiutano per nulla, anzi, sono tutti impauriti dal Potere (del Conte, della burocrazia, delle regole, degli ordini, ognuno ci può vedere qualunque cosa) e invece di aiutarlo lo scoraggiano, gli consigliano anzi di andarsene, da solo fastidio la sola sua presenza, figurarsi la presunzione di incontrare il Conte o chi ne fa le veci. Anche quando incontra il sindaco del paese non riuscirà a cavare un ragno dal buco. Durante la lettura non fai altro che respirare un'aria di estraneità, di smarrimento, come se la vita alla fin fine non abbia alcun senso e più combatti per ottenere qualcosa più ti ritrovi punto e accapo. Emerge una forte incomunicabilità col mondo e i suoi personaggi, un'impotenza verso le istituzioni che ti chiudono le loro porte e non ti lasciano alcuna speranza per il futuro anche immediato.
Capisco che a molti questa lettura potrà sembrare ostica, noiosa, inconcludente, ripetitiva, addirittura illeggibile, ma credo sia proprio questa l'idea che l'autore voleva trasmettere, ovvero che è inutile lottare contro il Potere, alla fine vincerà sempre lui e tu rimani sono un inutile e arrugginito ingranaggio che gira da solo.