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A review by pino_sabatelli
Non dirmi che hai paura by Giuseppe Catozzella
2.0
La storia (vera) è quella di Samia Yusuf Omar, una ragazzina con una passione sfrenata per la corsa che, nella Somalia sempre più in balìa degli integralisti e dilaniata dalla guerra civile, insegue il suo sogno: vincere alle Olimpiadi di Londra del 2012. Mi fermo qui nel riassunto anche se probabilmente molti già conoscono l’epilogo della vicenda.Catozzella
Ora, avete presente quegli studenti bravi, diligenti, studiosi, capaci di fare temi senza errori, senza una parola fuori posto, eppure scialbi, banali, anonimi?
Ecco, il libro di Catozzella è così. Piatto, incolore, spento. Nel suo narrare non c’è un guizzo, un’invenzione, un sussulto, quasi che l’autore avesse pensato che la storia bastasse da sola a tenere in piedi il racconto. Purtroppo non è così. Anche le storie più belle rimangono sulla carta se il talento dello scrittore non interviene a vivificarle e poco importa l’argomento, perché qui non si discute (ovviamente) il soggetto del romanzo, ma come esso è stato sviluppato. Insomma questo romanzo assomiglia tanto a un compitino che, pur senza infamia, si piazzi a parecchie lunghezze dalla lode, arenandosi in una zona grigia che ha la stessa sapidità di una pastina da mensa ospedaliera.
E stiamo parlando di un’opera che fa parte della dozzina finalista allo Strega: “ho detto tutto” (cit. Peppino De Filippo).
Ora, avete presente quegli studenti bravi, diligenti, studiosi, capaci di fare temi senza errori, senza una parola fuori posto, eppure scialbi, banali, anonimi?
Ecco, il libro di Catozzella è così. Piatto, incolore, spento. Nel suo narrare non c’è un guizzo, un’invenzione, un sussulto, quasi che l’autore avesse pensato che la storia bastasse da sola a tenere in piedi il racconto. Purtroppo non è così. Anche le storie più belle rimangono sulla carta se il talento dello scrittore non interviene a vivificarle e poco importa l’argomento, perché qui non si discute (ovviamente) il soggetto del romanzo, ma come esso è stato sviluppato. Insomma questo romanzo assomiglia tanto a un compitino che, pur senza infamia, si piazzi a parecchie lunghezze dalla lode, arenandosi in una zona grigia che ha la stessa sapidità di una pastina da mensa ospedaliera.
E stiamo parlando di un’opera che fa parte della dozzina finalista allo Strega: “ho detto tutto” (cit. Peppino De Filippo).