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A review by frahorus
L'isola del tesoro by Robert Louis Stevenson
5.0
Quindici sopra il baule del morto,
Quindici uomini yò-hò-hò,
E una bottiglia di rum per conforto!
Ho piacevolmente riletto il capolavoro di Stevenson, L'isola del tesoro appunto, e confermo che resta un capolavoro della letteratura mondiale e d'avventura.
L'autore scrisse questo romanzo per il figliastro, come un'offerta di affetto intenso, quasi paterno. Mi immagino Stevenson che, ai piedi del letto del bambino sotto le coperte, gli narra le avventure di un'isola lontana sperduta nell'oceano e che conserva un tesoro di inestimabile valore, e il giovane Jim parte all'avventura assieme al suo amico dottore e una ciurma di tipi loschi, e quel cuoco con una gamba di legno. L'isola del tesoro è il viaggio di avventura con la A maiuscola, verso una terra incerta e distante, verso i tropici immaginati come giardino dell'Eden. La metafora della vita di ognuno di noi, con confronti e parallelismi fatti scattare autonomamente, a volte dalla ragione, altre volte dalla fantasia.
Il romanzo racconta in prima persona l’avventurosa vicenda di un ragazzino, Jim Hawkins, che nel XVIII secolo trova una mappa del tesoro e salpa con un gruppo di pirati (senza che lo sappia) per recuperarlo. Nel romanzo, che inaugura la grande tradizione del tema piratesco unendola con quella dell’avventura sull’isola deserta (con il Robinson Crusoe come modello maggiore), si fondono molti filoni narrativi e topoi romanzeschi: il romanzo di formazione, il rapporto conflittuale tra il Bene e il Male, il fascino dell’ignoto e dei mondi tropicali, l’iconografia tipica del pirata, la “mappa” con la “X” che indica il punto in cui scavare.
In un primo momento L’isola del tesoro uscì a puntate nella rivista per ragazzi «Young Folks» per essere poi stampato in volume e dedicato da Stevenson all’amato figliastro. Il libro è dunque un’opera pensata specificamente a dei lettori adolescenti, come il protagonista stesso della storia. In questo senso, L’isola del tesoro si tratta di un Bildungsroman, cioè di un romanzo di formazione, un genere letterario di grande importanza sin dal Settecento. Per “formazione” si intende una crescita insieme morale e intellettuale di un protagonista giovane o adolescente, che, a seguito di prove ed esperienze determinanti, entra nella vita adulta.
In Stevenson, l’originalità della maturazione di Jim sta proprio nei modelli che influiscono sulla formazione del protagonista. Non a caso, il padre di Jim che muore poco dopo l’inizio del romanzo e che viene raramente citato nel corso della narrazione. Il Dr. Livesey e il conte Trelawney sono certamente due personaggi autorevoli, ma poco affascinanti, perché non “promettono” l’avventura, che è ciò che Jim va desiderando, ed anzi incarnano il buon senso e il rigore borghesi. Sembra dunque, paradossalmente, che siano proprio i pirati ad avere la maggior presa su Jim e sul suo immaginario di giovane uomo: è cioè l’incontro/scontro con il Male, incarnato in Long John Silver, a trasmettere a Jim quelle virtù - coraggio e indipendenza, anzitutto - di cui egli è sprovvisto all’inizio della storia e che invece avrà acquisito alla fine della sua incredibile avventura. Long John è quindi un personaggio sfaccettato e complesso: egli è sicuramente malvagio e feroce, ma ha anche un fascino oscuro e sotterraneo che fa presa sull’indole ingenua di Jim, che in lui vede:
una specie di Sancio della pirateria. Con la bonomia, la gentilezza e gli scherzi ottiene ciò che desidera: seduce, attrae, affascina, ispira fiducia, rassicura.
Come detto dal critico Pietro Citati: “Mai, il male, in letteratura ci aveva mostrato un volto così simpatico”.