A review by zen
With Her in Ourland by Mary Jo Deegan, Michael R. Hill

2.0

Ho veramente così tante cose da dire su questo libro che non so da dove iniziare, ma so che a fine recensione avrò dimenticato almeno la metà delle cose. Bene così.
Per prima cosa, questo libro si stacca tantissimo dal precedente: qui la trama e la narrazione sono solo scuse per svendere un saggio socio-economico-politico.
Il problema è che fino a metà questo libro regge anche. Sembra avere delle buone basi: un'esterna visita il mondo dei primi del '900 e si ritrova disgustata dalle condizioni sociali ed economiche di tutte le nazioni e delle persone che ci vivono dentro. Ci può stare, ripeto, ma poi si arriva alla metà del libro.
È evidente che la scrittrice sia una scienziata: si parla di numeri, percentuali, tecniche di economia e altro. E non sarebbe nemmeno quello il problema, se poi la questione sociale fosse stata trattata come di dovere.
Una donna che prende in giro altre donne non si può sentire – men che meno una donna che prende in giro le prime femministe per i loro metodi confusionari. Un gruppo che ha il coraggio, per la prima volta e da solo, di uscire da regole fisse, non solo sociali ma anche politiche, non può essere preso in giro solo perché "disorganizzato". Si capisce che la Gilman al tempo non era d'accordo con le scelte delle donne, con il femminismo, con le reazioni delle donne al suddetto femminismo, ma a questa pare sfuggire il punto focale: erano le prime. E quando si è i primi si va a tentativi. E andare a tentativi significa anche avere alcuni pregiudizi verso sé stessi, avere difficoltà a scavalcare visioni che la società ci impone.
La parte divertente? Pure la Gilman lo fa. Si dimentica bellamente la parte del razzismo – che c'è, e arriva benissimo anche dalle sue parole. E allora dove sta la coerenza? Facile: la Gilman stessa non è conscia di tutto ciò che dice, perché alcune cose (ad esempio, appunto, la questione razziale) le sono state insegnate così e basta. E, come sopra, il motivo è lo stesso: perché è stata una delle prime a farsi avanti.
Trovo comunque che l'incoerenza di fondo non mi abbia fatto apprezzare questo romanzo, che poi romanzo non è. È infatti un saggio camuffato male. I pensieri vengono trasmessi principalmente tramite dialogo, che in questo caso specifico funziona, ma fa sembrare il libro come una conferenza, più che come un vero e proprio romanzo. Presumo che questo faccia parte dell'idea di realismo della Gilman, per cui su questo non posso dire niente.
In più c'è sempre l'idea che donna = madre che ancora non mi garba troppo.
Ci sono delle idee di base che ho apprezzato, altre che sono state appena accennate e non approfondite, altre ancora che non ho apprezzato nemmeno per sbaglio, e proprio per questo posso dire che capisco che questo libro abbia una profonda importanza nella letteratura femminista, soprattutto perché porta molte nuove idee, ma allo stesso tempo, in questo momento storico, questo è un romanzo (libro) brutto. Forse pure più di Herland.