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engi_bi's review against another edition
3.0
Le stelline sono in realtà 3,5.
Da ex studentessa del classico che ha abbandonato le lettere antiche all’università in favore del diritto, questo libro mi è piaciuto molto, moltissimo.
L’amore che la Marcolongo mette nel testo è immenso, è impossibile che non ti venga voglia sul momento, all’istante, di prendere in mano uno qualsiasi dei libri che cita per buttarti a capofitto e leggerli (o rileggerli). Grande critica che viene mossa qui su Goodreads è che non è un libro per tutti, cosa che invece afferma di essere in prefazione: in parte è vero, ma a mio parere la prosa non è per nulla ostica ed è ben argomentata, credo che sia comprensibile anche per chi non abbia mai studiato greco (per chi l’ha studiato è invece solo fonte di ricordi dolciamari, per citare Saffo: mi sono trovata più volte a segnare trucchetti che usavo anche io per tradurre e niente è più vero delle pagine dedicate all’eredita che il classico lascia ai suoi studenti) e il non traslitterare le parole è una scelta, sempre a mio parere, ben ponderata, in quanto l’alfabeto greco non è così misconosciuto (matematica e fisica sono piene di lettere greche, tutti i miei amici dello scientifico si vantavano di saper leggere il greco senza aver fatto il classico, provocando in me un’ira funesta di cui Achille sarebbe stato fierissimo). E poi, leggere un saggio dovrebbe insegnare qualcosa, quindi perché doversi sforzare di capire e imparare un alfabeto non nostro dovrebbe essere una punizione o uno scoglio insormontabile da impedire la lettura del testo?
La stellina e mezza persa deriva fondamentalmente da tre fattori: 1) Andrea è troppo piacciona, troppo buffa, troppo sbadata, troppo simpatetica. A furia di ribadire che non sa fare questo e quello, finisci per chiederti perché stai leggendo un libro scritto da qualcuno che ne sa così poco sull’argomento. E no, non fa ridere che mi dici che non hai ancora capito come si mettono gli accenti e dopo 30 pagine mi sbandieri la tua tesi dal 110L, non ti rendi più alla mano così.
2) l’esasperata esaltazione del liceo classico. Io stessa sono una di quelle per cui tutti dovrebbero fare il classico, il classico è “la
scuola che ti apre la mente e ti insegna a ragionare”, non ho mai pensato di fare nient’altro nella vita se non imbarcamenarmi in versioni e letteratura di “lingue morte”, ma nonostante ciò l’occhietto strizzato a noi (ex) studenti classicisti mi ha innervosito, e non poco, soprattutto perché ha quel sapore di superiorità assolutamente immotivata che ci attira l’odio e i lazzi da parte di altri studenti.
3) è evidente che il testo sia troppo di parte e in alcuni punti troppo superficiale e inesatto (vedasi il commento in evidenza di questa sezione, così puntuale da farmi quasi commuovere). Il greco è meraviglioso perché è meraviglioso, non perché sia la più perfetta delle lingue o la migliore, semplicemente perché non è né l’una né l’altra. Esaltarla attribuendogli primati che non ha, e che sono completamente soggettivi di chi scrive, riesce solo a farla sentire ancora più distante e morta. Per non parlare delle continue critiche alle professoresse sul banalizzare come tradurre, le ho trovate sterili e poco produttive, perché se mi avessero detto questa massa in informazioni come propedeutica alla traduzione in IV ginnasio, scommetto che non sarei stata in grado di tradurre nemmeno una riga, dibattendomi tra sfumature di significato e interpretazioni fatte mie.
Papiro a parte, consiglio la lettura perché è un testo non troppo impegnato, con molta voglia di insegnarti qualcosa e di farti assaporare una delle civiltà che sta alla base del nostro essere europei.
P.s quando, mostrando lo schema metrico della Pitica X, ha affermato “se si potesse fotografare il silenzio di una lingua, questa sarebbe la sua immagine”, mi sono venuti i brividi.
Da ex studentessa del classico che ha abbandonato le lettere antiche all’università in favore del diritto, questo libro mi è piaciuto molto, moltissimo.
L’amore che la Marcolongo mette nel testo è immenso, è impossibile che non ti venga voglia sul momento, all’istante, di prendere in mano uno qualsiasi dei libri che cita per buttarti a capofitto e leggerli (o rileggerli). Grande critica che viene mossa qui su Goodreads è che non è un libro per tutti, cosa che invece afferma di essere in prefazione: in parte è vero, ma a mio parere la prosa non è per nulla ostica ed è ben argomentata, credo che sia comprensibile anche per chi non abbia mai studiato greco (per chi l’ha studiato è invece solo fonte di ricordi dolciamari, per citare Saffo: mi sono trovata più volte a segnare trucchetti che usavo anche io per tradurre e niente è più vero delle pagine dedicate all’eredita che il classico lascia ai suoi studenti) e il non traslitterare le parole è una scelta, sempre a mio parere, ben ponderata, in quanto l’alfabeto greco non è così misconosciuto (matematica e fisica sono piene di lettere greche, tutti i miei amici dello scientifico si vantavano di saper leggere il greco senza aver fatto il classico, provocando in me un’ira funesta di cui Achille sarebbe stato fierissimo). E poi, leggere un saggio dovrebbe insegnare qualcosa, quindi perché doversi sforzare di capire e imparare un alfabeto non nostro dovrebbe essere una punizione o uno scoglio insormontabile da impedire la lettura del testo?
La stellina e mezza persa deriva fondamentalmente da tre fattori: 1) Andrea è troppo piacciona, troppo buffa, troppo sbadata, troppo simpatetica. A furia di ribadire che non sa fare questo e quello, finisci per chiederti perché stai leggendo un libro scritto da qualcuno che ne sa così poco sull’argomento. E no, non fa ridere che mi dici che non hai ancora capito come si mettono gli accenti e dopo 30 pagine mi sbandieri la tua tesi dal 110L, non ti rendi più alla mano così.
2) l’esasperata esaltazione del liceo classico. Io stessa sono una di quelle per cui tutti dovrebbero fare il classico, il classico è “la
scuola che ti apre la mente e ti insegna a ragionare”, non ho mai pensato di fare nient’altro nella vita se non imbarcamenarmi in versioni e letteratura di “lingue morte”, ma nonostante ciò l’occhietto strizzato a noi (ex) studenti classicisti mi ha innervosito, e non poco, soprattutto perché ha quel sapore di superiorità assolutamente immotivata che ci attira l’odio e i lazzi da parte di altri studenti.
3) è evidente che il testo sia troppo di parte e in alcuni punti troppo superficiale e inesatto (vedasi il commento in evidenza di questa sezione, così puntuale da farmi quasi commuovere). Il greco è meraviglioso perché è meraviglioso, non perché sia la più perfetta delle lingue o la migliore, semplicemente perché non è né l’una né l’altra. Esaltarla attribuendogli primati che non ha, e che sono completamente soggettivi di chi scrive, riesce solo a farla sentire ancora più distante e morta. Per non parlare delle continue critiche alle professoresse sul banalizzare come tradurre, le ho trovate sterili e poco produttive, perché se mi avessero detto questa massa in informazioni come propedeutica alla traduzione in IV ginnasio, scommetto che non sarei stata in grado di tradurre nemmeno una riga, dibattendomi tra sfumature di significato e interpretazioni fatte mie.
Papiro a parte, consiglio la lettura perché è un testo non troppo impegnato, con molta voglia di insegnarti qualcosa e di farti assaporare una delle civiltà che sta alla base del nostro essere europei.
P.s quando, mostrando lo schema metrico della Pitica X, ha affermato “se si potesse fotografare il silenzio di una lingua, questa sarebbe la sua immagine”, mi sono venuti i brividi.
boomt's review against another edition
2.0
I wanted to like this book more than I did. Ancient Greek has been waiting its turn for a long time on my list of languages I want to learn. Like Sanskrit, which I learned in order to penetrate more deeply into the literature, culture and philosophy of ancient India, I have seen Greek as a door into another world. Ancient cultures are so different from our own that when we read their authors in translation, we are especially vulnerable to the assumptions, beliefs and skill of the translator, who must choose a single rendering among many possibilities to convey the intent and sensibility of the author, while often effacing the ambiguity that resides in the original expression. When you read the original text, you have direct access to both precision and the subtlety of the author's expression.
So I was receptive to the Marcolongo's passion for Greek and the access it provides to the unique sensibility of Hellenism. But this passion leads to maddeningly exaggerated claims, undermined by her subsequent analysis.
The first sentence is accurate, but the subsequent hyperbole is at odds with her detailed explanation of Greek pitch accent, rhythm, vowel length, and the like. Likewise, she sets up a discussion about how Greek survived Roman invasion with, "Rome only succeeded in imposing its language on races open to social change." [192] Not exactly how imperial conquest works.
The book is part memoir and part instruction. Perhaps it would have succeeded better had it committed more fully to one or the other.
So I was receptive to the Marcolongo's passion for Greek and the access it provides to the unique sensibility of Hellenism. But this passion leads to maddeningly exaggerated claims, undermined by her subsequent analysis.
We will never know for certain how a Greek word is pronounced. The sounds of Greek have vanished forever along with those who spoke it. We have their literature we can read and study them, but we can't pronounce them. They have come down to us silent. Stifled. Voiceless. [53]
The first sentence is accurate, but the subsequent hyperbole is at odds with her detailed explanation of Greek pitch accent, rhythm, vowel length, and the like. Likewise, she sets up a discussion about how Greek survived Roman invasion with, "Rome only succeeded in imposing its language on races open to social change." [192] Not exactly how imperial conquest works.
The book is part memoir and part instruction. Perhaps it would have succeeded better had it committed more fully to one or the other.
kazam's review against another edition
lighthearted
medium-paced
1.5
This is not a good book. It's 50% ragging on the shortcomings of Modern Greek (ignoring the obvious fact that the author is Italian and could therefore be critiqued on how far Italian has fallen from Latin...) and 50% overly indulgent navel-gazing about immense difficulties in the author's past like having a masculine name, the greatest hardship ever known. Skip.
isthar's review against another edition
4.0
Es un libro interesante, que abre un mundo de emoción al griego. Es muy didáctico por que tiene mucho amor al idioma y a la forma griega de ver la vida a través de su lenguaje.